Anziché muovere le solite infinite critiche all’operato del Governo nell’anno 2007, preferiamo rammentare l’ennesima occasione mancata. Ricordate la prima stesura del Decreto Bersani, quello delle “lenzuolate” di liberalizzazioni o presunte tali? Ebbene, fra esse per la prima volta e timidamente, si pose l’accento sulla questione della liberalizzazione delle professioni, fra le quali quella forense.
Avremmo auspicato che accanto alle proposte in materia di tariffe forensi, si fosse discusso pure della drammatica esperienza che sono costretti a vivere quotidianamente migliaia di praticanti avvocati in tutta Italia.
In questo nostro Paese, vi è una totale ignoranza sulle procedure che gravitano attorno a questa figura così spesso sfruttata e maltrattata.
Il giovane praticante avvocato, al contrario di quel che si pensa, è uno fra i soggetti più deboli del mondo del lavoro. Nonostante formalmente sia prevista una percentuale di onorari al praticante che si prodiga a seguire una causa dello studio legale, in realtà questa sorta compenso monetario è rimesso al “buon cuore” del dominus.
Ora, tale situazione ci induce a delle riflessioni. In primo luogo, il praticante trascorre le intere mattinate fra le varie cancellerie dei Tribunali a spese proprie e con mezzi propri (nella maggior parte dei casi il legale non si degna neanche di rimborsare i soldi della benzina). Dopodiché nel pomeriggio, lo stesso è chiamato a scrivere atti processuali e a dover svolgere mansioni di segreteria, senza retribuzione alcuna. In poche parole, il legale si può permettere di far lavorare gratuitamente questa ibrida figura di collaboratore, nella sua duplice veste, quella di un “quasi” collega e di un segretario. Il tutto a vantaggio esclusivo del titolare dello studio legale e col beneplacito di leggi permissive in tal senso. E’ dunque inconcepibile che la politica parli (peraltro senza mai risolvere) di precariato e non si curi di tale ingiustizia vissuta sulla pelle di giovani titolati e trattati alla stregua di “schiavi”. Pertanto, invitiamo il “liberalizzatore” Ministro Bersani a fare sì, le riforme, ma di farle tenendo conto pure di tali disagi.